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Giornata della Memoria: bambini, anziani e disabili tra i più esposti alle violenze dell’Olocausto

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“Arbeit macht frei”, “il lavoro rende liberi”: è la scritta all’entrata di Auschwitz, proprio sopra al cancello.

72 anni fa, il 27 gennaio 1945, le truppe dell’Armata Rossa entrarono nel campo di concentramento e sterminio di Auschwitz, liberando i pochi prigionieri superstiti.

Per questo motivo dal 2000 l’ONU ha deciso che il 27 gennaio di ogni anno si celebra il Giorno della Memoria, una occasione per ricordare il dramma della Shoah e la barbarie di tutti i genocidi perpetrati dal Nazismo ed evitare che eventi del genere si possano ripetere.

Con il termine Shoah si indica il genocidio attuato dalla Germania nazista e dai suoi alleati nei confronti del popolo ebraico: per estensione, indica anche lo sterminio di Rom, omosessuali, disabili e testimoni di Geova, che all’epoca erano considerati categorie indesiderate.

Questo è stato davvero uno dei momenti più bui della storia dell’Umanità e speriamo che la memoria ci possa insegnare a non tornare nell’abisso.

Si è calcolato che tra il 1933 e il 1945 le vittime furono intorno ai 15 milioni: la ferocia dei carnefici e il silenzio di chi ha lasciato che tutto ciò accadesse lascia ancora oggi sgomenti.

Il primo campo di concentramento ad essere aperto fu Dachau (in Germania), il 22 marzo 1933: i primi reclusi del campo furono prigionieri politici (per esempio Comunisti o Socialdemocratici), criminali abituali, omosessuali, testimoni di Geova e “asociali” (mendicanti, vagabondi e venditori ambulanti); vi erano inclusi anche scrittori, giornalisti, avvocati, industriali impopolari e funzionari politici ebrei, considerati dai nazisti come “un problema”.

Purtroppo i bambini furono tra i più esposti alle violenze dell’Olocausto.

In tutto si calcola che almeno un milione e mezzo di bambini e ragazzi siano stati uccisi dai Nazisti e dai loro fiancheggiatori; di queste giovani vittime, più di un milione erano Ebrei, mentre altre decine di migliaia erano Rom (Zingari), Polacchi e Sovietici che vivevano nelle zone occupate dalla Germania, nonché bambini tedeschi con handicap fisici e/o mentali provenienti dagli Istituti di cura.

Nei ghetti i bambini ebrei morivano a causa della denutrizione e dell’esposizione alle intemperie, in quanto mancavano sia il vestiario che abitazioni adeguate.

Siccome i bambini erano troppo piccoli per essere utilizzati nel lavoro forzato, le autorità tedesche in genere li selezionavano per primi – insieme agli anziani, ai malati e ai disabili – per essere deportati nei centri di sterminio o per le fucilazioni di massa che riempivano poi le fosse comuni.

Al loro arrivo ad Auschwitz-Birkenau e agli altri centri di sterminio le autorità naziste dei campi destinavano la maggior parte dei più piccoli direttamente alle camere a gas.

Nei campi di concentramento i medici delle SS e ricercatori usarono i più giovani, in particolare i gemelli, per esperimenti medici che spesso ne causarono la morte.

Il dottor Joseph Mengele effettuava crudeli esperimenti di eugenetica sui bambini: per la sua attività svolta nel campo di concentramento Mengele era stato soprannominato “Angelo della Morte”.

Tra il 1938 e il 1940 ebbe luogo una grande operazione di salvataggio chiamata ufficiosamente “Trasferimento dei Bambini” (Kindertransport); un’operazione che, dalla Germania e dai territori occupati dai tedeschi, portò in Gran Bretagna migliaia di bambini ebrei rimasti senza genitori. Inoltre in tutta Europa diverse persone non-Ebree nascosero bambini Ebrei e a volte, come nel caso di Anna Frank, anche altri membri delle loro famiglie.

Dopo la resa della Germania nazista, che pose fine alla Seconda Guerra Mondiale, i sopravvissuti e i rifugiati cominciarono a cercare in tutta Europa i bambini dispersi, migliaia dei quali si trovavano già nei campi profughi.

Le parole iniziali di “Se questo è un uomo” di Primo Levi valgono più di tante immagini:

Voi che vivete sicuri
Nelle vostre tiepide case,
Voi che trovate tornando a sera
Il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
Che lavora nel fango
Che non conosce pace
Che lotta per un pezzo di pane
Che muore per un sì o per un no.
Considerate se questa è una donna,
Senza capelli e senza nome
Senza più forza di ricordare
Vuoti gli occhi e freddo il grembo
Come una rana d’inverno.
Meditate che questo è stato:
Vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
Stando in casa andando per via,
Coricandovi alzandovi;
Ripetetele ai vostri figli.

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